Regia: Vincent Gallo
Sceneggiatura: Vincent Gallo, Alison Bagnal
Anno: 1998
Durata: 110′
Produzione: USA
Fotografia: Lance Acord
Montaggio: Curtiss Clayton
Scenografia: Jeanne Develle, James Chinlund
Colonna sonora: Vincent Gallo, Yes, King Crimson
Interpreti: Vincent Gallo, Christina Ricci, Ben Gazzara, Anjelica Huston, Mickey Rourke, Rosanna Arquette
TRAMA
Billy Brown esce dal carcere dopo una condanna ingiusta di cinque anni, con l’idea fissa di vendicarsi di un giocatore dei Buffalo Bills, indiretto responsabile delle sue disgrazie.
RECENSIONE
Buffalo ’66 è il primo lungometraggio di Vincent Gallo. Era il 1998 e la poliedricità di questo autore iniziava a palesarsi davvero. Sicuramente Gallo è un uomo dalle mille risorse e lo aveva già dimostrato in precedenza come attore, sceneggiatore, musicista e artista. La sua, ormai lontana, prima impresa alla regia risulta un mix di umorismo nero ed elementi destabilizzanti che la rendono davvero degna di nota. La trama è semplice e complicata al tempo stesso. Infatti, descriverla senza l’ausilio delle immagini risulta macchinoso, perché la potenza visiva di questo film è molta e gioca un ruolo fondamentale.
Proviamoci ugualmente. Billy Brown (Vincent Gallo protagonista della sua stessa pellicola) esce di galera dopo aver scontato una pena di cinque anni che gli è stata affibbiata per regolare un debito di gioco. I genitori (Ben Gazzara e Anjelica Huston) sono stati tenuti all’oscuro e convinti che Billy lavori per il governo. Il suo obiettivo appena fuori di prigione è uccidere il giocatore corrotto che aveva sbagliato il tiro della partita su cui il nostro interprete aveva scommesso. Durante la prolungata ricerca di un bagno (una scena volutamente molto lunga) s’imbatte in una ragazza (Christina Ricci). La sequestra per presentarla ai suoi genitori come sua moglie e decide di chiamarla Wendy Balsam. La giovane resta con lui durante tutta la giornata, fino all’epilogo tanto sofferto.

Questo film è davvero interessante per molti motivi, primo tra tutti la caratterizzazione dei personaggi. Billy è introverso, pieno di problemi e decadente. La sua continua instabilità si palesa in scatti d’ira e momenti colmi di tenerezza. La sua giovane ed improbabile compagna, personificata magnificamente dalla particolare Christina Ricci, si porta dietro un’aura di tristezza e solitudine mai spiegata, ma lasciata intuire allo spettatore. I genitori sono esseri grotteschi ed impossibili. Altro fatto da non tralasciare: le riprese. Sporche, talvolta sciatte, volutamente scorrette e rabbiose. La macchina da presa segue i cambiamenti d’umore di Billy e si adatta al suo stato d’animo altalenante. La fotografia e la scenografia sono servili alla trama, la cupezza, lo squallore delle riprese fa da sfondo ad un amalgama di personaggi in lotta con loro stessi, con l’infinito. La storia d’amore bizzarra tra i due protagonisti è tenera e spietata. Proietta in un mondo diverso, timoroso, un universo borderline da cui non si può uscire, ma ci si può anche stare bene. La paura di Billy di essere toccato e la dolcezza di lei nel persuaderlo producono immagini soavi e destabilizzanti.
Una giornata sola, un mondo interiore che spinge per uscire e mostrarsi, interpretazioni magistrali e mettiamoci anche un cammeo di Mikey Rourke. Tutto questo in uno spettacolo indipendente che vale la pena vedere e che battezza Vincent Gallo come regista “da tenere d’occhio”. I suoi successivi lavori come autore confermano la sua predisposizione all’introspezione e al “dramma”. The Brown Bunny (2003) è presentato al 56° Festival di Cannes e accolto sfavorevolmente dalla critica. Narra di un amore e di un viaggio, di un ritorno alla realtà. Nonostante i pareri negativi (avuti soprattutto per la lunga scena di sesso orale praticata dalla reginetta del cinema indipendente Chloe Sevigny, allora compagna di Gallo) trovo che questo lungometraggio sia sentito e difficile. Altra sua fatica e fatica lo è davvero visto che Gallo solitamente cura quasi tutte le fasi dei film, è Promises Written in Water (2010), pellicola particolare che parte senza troppa attenzione alla sceneggiatura e alla pre-produzione. Ci rimanda un’opera in bianco e nero, senza fronzoli. Racconta la vicenda di una ragazza malata di cancro e della sua relazione con un fotografo. Qui il regista mette alla prova lo spettatore, regalando momenti morti, riprese sgangherate e scene caratteristiche. Ma d’altronde Gallo è un personaggio così, egocentrico, profondo e talvolta megalomane, visto l’andazzo credo e spero che assisteremo ad altre sue prodezze cinematografiche.
Voto: 8
Lisa Fornaciari