Archivi categoria: Film spagnoli

MUSARANAS

Regia: Juanfer Andrés, Estaben Roel

Sceneggiatura: Juanfer Andrés, Sofia Cuenca, Emma Tusell

Anno: 2014

Durata: 95′

Nazione: Spagna

Fotografia: Angel Amoròs

Musiche: Joan Valent

Interpreti: Macarena Gòmez, Nadia de Santiago, Hugo Silva, Luis Tosar

RECENSIONE

Musarañas (in spagnolo “toporagno”) è una vera e propria chicca cinematografica purtroppo ignorata in Italia, forse perché è l’esordio di due giovani registi, seppur ottimo e con un cast eccellente fra cui spicca  la bravissima Macarena Gòmez.

Nella Spagna degli anni ’50, Montse,  insieme alla sorella più piccola al quale ha sempre fatto da madre, vive nell’appartamento lasciato dai genitori. La giovane donna soffre di una grave forma di agorafobia che la costringe a rimanere perennemente chiusa in casa non riuscendo nemmeno a mettere un piede fuori dalla porta e, all’interno delle quattro mura della sua prigione, cuce dei bellissimi abiti su misura per le poche persone al quale concede di entrare nell’abitazione. La sorella minore, ormai diciottenne, ha un lavoro che la tiene lontana da casa la maggior parte della giornata e, come tutte le ragazze della sua età, comincia ad avere una vita sociale e soprattutto attirare l’attenzione dei ragazzi, destabilizzando così la routine quotidiana di Montse. Un giorno, il vicino di casa che abita al piano superiore, irrompe nell’appartamento delle due donne chiedendo aiuto dopo essere caduto dalle scale e rottosi la gamba. Montse è sola e, seppur intimorita, riesce a soccorrerlo, prendersi cura di lui medicando le ferite finendo poi per innamorarsene e, come Misery non deve morire insegna, meglio drogarlo per impedire che se ne vada, trasformando quello che era iniziato come una semplice gentilezza in un vero e proprio sequestro.

Un thriller claustrofobico dalle sfumature horror che, oltre a citare il best seller di Stephen King e la sua trasposizione cinematografica con l’inquietante Kathy Bates,  trae spunto da Il silenzio degli innocenti e strizza l’occhio persino a Robert Aldrich e al suo Che fine ha fatto Baby Jane del 1962 in cui, la straordinaria Bette Davis, in preda alla follia con quegli occhi enormi e sempre spalancati, è stata senza dubbio di ispirazione per il personaggio di Montse e, la scelta di Macarena Gomez per interpretarla,  più che mai azzeccata. Il film è fin da subito inquietante, con la presenza costane del padre morto diversi anni prima e ancora pronto a giudicare la povera Montse in preda alla sua follia, per la quale si riesce solo a provare pena qualsiasi cosa sia pronta a fare. Una donna sola che nasconde segreti inconfessabili, psicologicamente instabile e incapace di fare una netta distinzione tra la realtà e quello che avviene solo nella sua mente. All’arrivo dell’ospite inatteso, la pazzia di questa un’anima persa, catapulta lo spettatore in un territorio nuovo che si fa sempre più terrificante assumendo i connotati di un vero e proprio horror.  Musarañas è un ottimo thriller paragonabile ad un altro piccolo capolavoro spagnolo, El habitante incierto di Guillem Morales del 2004, purtroppo mai giunto nelle nostre sale e che va assolutamente recuperato!

Voto 8

Cinefabis

L’UOMO SENZA SONNO

Regia: Brad Anderson

Sceneggiatura: Scott Kosar

Anno: 2004

Durata: 102′

Produzione: Spagna

Fotografia: Xavi Giménez

Montaggio: Luis De La Madrid

Scenografia: Alain Bainée

Costumi: Patricia Monné, Maribel Pérez

Colonna sonora: Roque Banos

Interpreti: Christian Bale, Jennifer Jason Leigh

TRAMA E RECENSIONE

Trevor é un operaio ridotto al fantasma di se stesso da quando, esattamente un anno fa, ha smesso di dormire. L’esigua forma fisica, nonché il conseguentemente precario stato di salute, si rivelano essere il risultato di un logorante senso di colpa giunto fin dentro l’anima del protagonista che viene così privato della basilare serenità necessaria per il sonno che, in nessun modo, egli non riesce a concedersi. La causa dei pensieri ossessivi del protagonista è un evento shockante, che ci viene rivelato solo alla fine del film: il malaugurato incidente stradale dove un bambino perde la vita a causa dell’incoscienza di un attivo e spensierato Trevor che, non trovando il coraggio di costituirsi fin da subito, cerca di scappare non solo fisicamente dal luogo dell’incidente ma anche intimamente dal suo senso di colpa nei confronti del quale, però, egli è impotente fin dall’inizio.

Assistiamo dunque ad una storia sulla fallibilità umana nella quale il protagonista tenta di evitare la realtà / il ricordo dell’accaduto autosedando i suoi stessi pensieri consci che debbono, così, trovare un altro modo per riaffiorare alla memoria, ovvero, sottoforma di episodi irreali in cui le componenti del ricordo spiacevole si mescolano con i ricordi dell’infanzia e della realtà attuale vissuta da Trevor. Egli lavora da tempo con grossi macchinari (“The Machinist” é il nome originale della pellicola). Nella prima parte del film, vediamo come questi possano, dopo un lungo periodo di sereno automatismo, incepparsi inaspettatamente causando gravi danni. Esattamente come questi grossi macchinari, il cervello lavora su una grande quantità di impulsi ed informazioni in base ai quali, elabora uno schema di azioni spesso ripetitive e preordinate. Quando si verifica l’errore, la mente deve essere analizzata, indagata proprio come per un pezzo meccanico rotto che, all’interno di un sistema, deve necessariamente essere aggiustato perché tutto possa ritornare a funzionare come allo stato iniziale.

Un personaggio da subito molto interessante è Ivan. Inizialmente presenza scomoda, subdola, quasi pericolosa per Trevor e le persone accanto a lui, egli si rivela essere una sorta di coscienza, li presente per ricordargli costantemente la sua colpa. Ivan è sfuggente, cinico e ambiguo ma é anche forza redentrice. Egli è la trasposizione del bisogno di Trevor di pagare per quel crimine, cosa che non é mai stato capace di fare. Accettare l’errore e pagarlo, significherebbe poter vivere di nuovo la vita che gli é stato concesso vivere, seppur imperfetta. Il film analizza in modo funzionale ed autentico il passaggio, ricco di sofferenza, che un individuo si trova ad affrontare nel tentativo di evitare la sofferenza stessa.

Voto: 9

Cristina Malpasso

SOBRE LA MARXA – THE CREATOR OF THE JUNGLE

Regia: Jordi Moratò

Sceneggiatura: Jordi Moratò

Anno: 2014

Durata: 77’

Produzione: Spagna

Colonna sonora: Charly Torrebadella

Interpreti: Josep Pijiula Alias Garrel Jordi Moratò

TRAMA

L’eremita Garrel è un moderno Tarzan che ha scelto di vivere  all’interno di una foresta costruendo da solo la propria casa sugli alberi, al solo scopo di “tenersi occupato”, di essere sempre “in movimento” (da qui il titolo).

RECENSIONE

“L’acqua è l’inizio, il fuoco è la fine”.  Sobre la Marxa, opera d’esordio dello spagnolo Jordi Morató, mette a nudo il rapporto drammatico tra l’uomo e l’imperativo della civilizzazione. Vincitore del secondo premio a Filmmaker 2014 per essere “una riflessione sul senso più profondo dell’arte, dove il puro gioco diventa un’irrinunciabile esperienza di crescita e continuo confronto con l’ambiente”.

Un racconto fra documentario e fiction, dove la realtà si interseca con la fantasia. Il giovane Morató si è fatto portavoce della storia di Garrell, alias Josep Pujiula, eccentrico personaggio che “ha costruito un’intera città dove nessuno vive”, a pochi passi dal piccolo centro urbano di Argelaguer, in Catalogna.

Tutto è iniziato 45 anni fa. La voglia di evadere da un mondo “saturo di civiltà” si è fatta sempre più pressante. Così, il bizzarro Garrell ha cominciato a costruire una vera e propria città di legno, stringendo un forte contatto con la natura e il ritorno al primitivo. Dal 1991 gli si è affiancato Aleix Oliveras, all’epoca 14enne. Armato di telecamera, Oliveras si è fatto osservatore della vita di Garrell. Il rifiuto di tornare alla civiltà è uno degli aspetti fondamentali dell’opera di Morató: “Sono nella giungla. Ho tutto quello di cui ho bisogno e non voglio avere niente a che fare con l’uomo civilizzato” afferma Garrell.

Il Tarzan catalano gioca – assieme al nipote – al ruolo dell’uomo-scimmia, lotta contro un caprone, caccia un coniglio, cucina del pesce appena pescato, si lancia in pozze d’acqua… Il tutto con estrema disinvoltura divertita. Nemmeno un gruppo di vandali motorizzati (per esigenze di copione) riuscirà a fermare la sua vocazione di eremita. Ma dovrà poi fare i conti con dei veri vandali che non hanno seguito alcuna sceneggiatura scritta, quelli che hanno bruciato l’intera città costruita con fatica e ucciso tutti gli animali presenti. “Realtà e finzione si fondono in un’unica immagine”.

I danni subìti nel suo “mondo” hanno cambiato il pensiero del protagonista: “Stupidi uomini civilizzati. Rompete la nostra pace”. Dopo 15 anni di duro lavoro per costruire tutto quello che ha sempre sognato, Garrell si è rimboccato le maniche e ha rifatto tutto da capo. Più grande, più immenso di prima. In pochi anni ha ricreato quello che gli era stato spazzato via dal fuoco, l’elemento cardine della civiltà, l’elemento che provoca la morte delle cose: “Tra acqua e fuoco c’è sempre qualcosa che muore e qualcosa che nasce”.

Passano gli anni, i capelli diventano via via sempre più bianchi e la sua storica Renault 4 viene rottamata: Garrell è arrivato al punto in cui non può più occuparsi del suo microcosmo incontaminato lontano dalla civiltà. La foresta è stata definita pericolosa dalle forze dell’ordine e lui accetta di ritirarsi. Distrugge tutto. Da creatore si è fatto distruttore, chiudendo così un cerchio vitale. Ora ha poco meno di un’ottantina d’anni, ma – ci fa sapere Morató – gioca ancora nella foresta come quando era bambino. Il suo momento di gloria non si è mai spento, l’acqua della sua vita non si è mai prosciugata. È rimasto il re della giungla, della sua giungla.

Voto: 8

Francesco Foschini

LA MADRE

Titolo originale: Mama

Regia: Andreas Muschietti

Sceneggiatura: Andreas Muschietti, Barbara Muschietti, Neil Cross

Anno: 2013

Durata: 100’

Produzione: Canada, Spagna

Fotografia: Antonio Riestra

Montaggio: Michele Conroy

Scenografia: Anastasia Masaro

Costumi: Luis Sequeira

Colonna sonora: Fernando Velàzquez

Interpreti: Jessica Chastain, Nikolak Coster-Waldau, Megan Charpentier, Isabelle Nélisse, Daniel Kash

TRAMA

Victoria e Lilly sono due sorelle miracolosamente ritrovate vive nella foresta cinque anni dopo il giorno della loro scomparsa e dell’assassinio della madre. Le bambine sembrano però portare con sé qualcosa di spettrale.

RECENSIONE

“Una personalità lasciata ad essiccare, ciò che ne rimane é il cadavere di un’emozione. Il cadavere di Madre é un amore materno possessivo. “Mama” non é la storia di un mostro ma la storia di un’emozione molto umana che ha assunto proporzioni mostruose”. Con tali parole il produttore Guillermo Del Toro descrive un film strettamente collegato alle innate emozioni provate da una madre nei riguardi del proprio figlio. Questo delicato rapporto può diventare, a tratti, patologicamente simbiotico rilegando il figlio nella dimensione infantile per più del tempo necessario, dove non gli sarà possibile sviluppare al meglio le sue capacità materiali ed intellettive. Il rapporto materno si trasforma così da stimolante e protettivo in claustrofobico, deleterio, velenoso e addirittura mortale.

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Madre attua vere e proprie aggressioni contro Luke ed Annabel, tutte nel tentativo di preservare il suo rapporto esclusivo con Lily e Victoria, le sue uniche bambine. Il loro pianto, proprio come una vera madre farebbe, viene riconosciuto in qualunque circostanza scatenando la furia più implacabile di Madre, pronta a correre immediatamente in soccorso delle due sorelline che lo zio Luke ed Annabel minacciano di far crescere. Le due sorelle, parti “indivisibili” di uno stesso essere, vivono però in condizioni diverse. Per Lily la conoscenza del mondo esterno si riduce a quello con cui, attraverso Madre, ha potuto interfacciarsi fin da molto piccola. Nel caso di Lily, non sono di fatto riscontrabili legami precedenti. Victoria, invece, ha una maggiore conoscenza del mondo esterno/terreno, al di fuori di quello che Madre é stata in grado di darle. Victoria ha ancora il ricordo di suo padre del quale, per quanto spietato e pericoloso, non ha mai di fatto abbandonato la speranza di poterlo riabbracciare. Siamo in questo caso di fronte ad un legame precedente molto forte, che è rimasto semplicemente assopito durante tutti i 5 anni di scomparsa.

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“La Madre” fa riflettere sul concetto di famiglia, la quale non é necessariamente sangue del nostro sangue. Non ha importanza il sesso, il ceto sociale, l’aspetto di chi ci cresce, quanto se é quella persona a darci il sostentamento fisico ed emotivo necessario per farci crescere. D’altro canto la famiglia non sempre fa il bene; Lily muore per stare con Madre. Victoria ha un futuro, diventerà grande, crescerà, si evolverà, cambierà perché più grande fisicamente e più consapevole emotivamente della sua natura, inconciliabile con quella di Madre dalla quale è capace di separarsi con deciso distacco. Lily, invece, vivrà per sempre la sua dimensione infantile in braccio a Madre, nell’eterno momento della mortale caduta che priva la bambina della sua umanità. Lily rinuncia “volontariamente” a crescere, a cambiare, ad evolversi al fine di “vivere” per sempre con Madre.

Voto: 8

Cristina Malpasso