Condividiamo l’intervista del blog CIMO al Fachiro Giancarlo Grossi sugli Oscar 2016.
Valutando le tante nominations ricevute e i risultati dei Globe sembra che The Revenant farà man bassa di premi. Lei lo premierebbe o crede che ci siano film migliori in lizza? Quanto influenza una campagna mediatica come quella del film di Inarritu?
Innanzitutto devo fare una premessa: ho detestato The Revenant di Iñarritu, un film tanto presuntuoso a livello tecnico quanto fiacco dal punto di vista narrativo: lineare, tradizionale, incapace di restituire le emozioni di un sano revenge movie. Soprattutto, tanto spinto sul versante di un presunto realismo che possa spogliare il west della sua mitologia, quanto irrealistico in tutte le sue svolte narrative. Birdman era un film di tutt’altro respiro e complessità, e, anche se il battage pubblicitario sembra sostenere The Revenant, mi sembra difficile che lo stesso regista possa bissare l’Oscar a distanza di un anno, soprattutto con questo film. Aggiungo inoltre che almeno tre dei film candidati mi sembrano artisticamente superiori: un’opera eccezionale come Mad Max Fury Road, destinato a fare la storia del cinema ancor più che quella dell’Academy, l’ottimo La grande scommessa e un film coraggioso come Spotlight. Ma negli Oscar la campagna mediatica è fondamentale, a differenza che nei Festival l’audience è molto più decisiva della critica. Bisogna inoltre aggiungere che si tratta di una premiazione americanocentrica, che non sempre funge da sintomo delle vere rivoluzioni del cinema contemporaneo.
Al di là di The Revenant, da cosa si aspetta qualche sorpresa?
Mi ripeto: assolutamente Mad Max Fury Road del vecchio George Miller, un capolavoro di immensa suggestione visiva, azione allo stato puro che si traduce in un puro flusso di immagini indimenticabili. Un film che sarà studiato tra vent’anni, e che darebbe più importanza al premio di quanta il premio stesso possa dargliene. Se fossi membro dell’Academy, gli assegnerei tutte le 9 statuette cui è candidato.
Fra le attrici, Jennifer Lawrence e Cate Blanchett sono molto amate dall’Academy. Crede in un nuovo successo o può esserci qualche valida outsider? Brian Larson per Room?
Jennifer Lawrance ha ottime possibilità, recita anche nel film giusto, piacevole e inoffensivo, ma di un autore di grido come David O. Russell, che nel contesto americano vanta una schiera di fan paragonabile a quella che Tarantino o Von Trier possono trovare a livello europeo. Io personalmente premierei Cate Blanchett, come sempre straordinaria. E come non protagonista Jennifer Jason Leigh in The Hateful Eight, non solo la migliore interpretazione della sua carriera, ma anche una delle migliori degli ultimi anni a memoria d’uomo.
Perché un regista americano come Tarantino viene sistematicamente ignorato dall’Academy?
Tarantino non è sistematicamente ignorato dalle Nomination, ma lo è stato completamente – e scandalosamente – quest’anno, dove avrebbe concorso con un film, The Hateful Eight, che a mio modesto avviso è il più complesso della sua produzione recente. Tutto questo per motivi smaccatamente politici: recentemente Tarantino si è schierato a viso aperto contro le violenze razziste della polizia, subendo un boicottaggio mediatico organizzato. A questo va aggiunto il carattere politically scorrect di un film che rinuncia alla facilità di un centro morale che distingua buoni e cattivi, e che ci fa penetrare senza alcun filtro nelle divisioni politiche razziste e identitarie della Secessione Americana. Sicuramente, qualsiasi film possa vincere l’Oscar di quest’anno – a parte Mad Max – non potrà reggere il confronto artistico con quest’opera, cui il tempo renderà giustizia.
Non posso non chiederlo. Un motivo per cui Di Caprio merita un Oscar ed un motivo per cui non lo merita neanche quest’anno.
Se lo meriterebbe come risarcimento, essendo uno degli attori più brillanti della sua generazione. Non se lo meriterebbe per un film dove l’interpretazione muscolare e la resistenza fisica sono considerate condizioni sufficienti per una premiazione, e dove sembra che si tenti ogni virtuosismo in vista dell’Oscar. Nonostante poi il personaggio sia piatto e manchi completamente di caratterizzazione. La grandezza di Di Caprio attore sta piuttosto in una recitazione soffusa, capace di render conto delle sfumature, disegnare il carattere con grazia. È quello che abbiamo visto in altri film, in particolar modo The Wolf of Wall Street di Scorsese. Anche se in quel caso l’Oscar lo meritava effettivamente Matthew McCounaghey per l’interpretazione indimenticabile di Dallas Buyers Club.