STARRED UP

Regia: David Mackenzie

Sceneggiatura: Jonathan Asser

Anno: 2013

Durata: 106’

Nazione: Regno Unito

Fotografia: Michael McDonough

Montaggio: Nick Emerson, Jake Roberts

Scenografia: Tom Mc Cullagh, Gilian Devenney

Interpreti: Rupert Friend, Jack O’Connel, Frederick Schmidt, Ben Mendelsohn, Sam Spruell

TRAMA E RECENSIONE

Starred Up è un’ottima pellicola in grado di raccontare – in modo molto realistico, senza moralismi e esagerazioni la vita nelle carceri dal punto di vista di un giovane sbandato.

Eric è un diciottenne irrequieto, violento e tormentato che, dal riformatorio dove era recluso in seguito a piccoli episodi di delinquenza, viene trasferito in una struttura per adulti. Il nuovo ambiente, con le sue regole e i suoi codici, dettati non solo dalla polizia penitenziaria ma anche e soprattutto dagli altri detenuti, contribuisce ad amplificare la sua rabbia e il suo comportamento rissoso. Il ragazzo viene rinchiuso nello stesso carcere dove sta scontando una lunga pena anche il padre, che non vede da diversi anni e con il quale ha sempre avuto un rapporto molto difficile, non mancheranno quindi numerose occasioni di scontro e un duro confronto generazionale. Grazie ad un terapista comportamentale (interpretato da Rupert Friend, praticamente il sosia di Orlando Bloom e per un attimo ho pensato fosse proprio lui), che svolge con passione il compito di rieducare i detenuti più violenti, Eric, seppur inizialmente molto restio ad accettare critiche e a lavorare sulla sua rabbia, riesce ad inserirsi nel gruppo di discussione.

In Starred up è tutto vero, almeno è questa l’impressione che si ha. Si assiste alla descrizione dettagliata di tutti i particolari della vita carceraria senza fastidiose edulcorazioni e la spettacolarizzazione del suo lato più duro e brutale, anche se non mancano episodi di estrema violenza. La sceneggiatura, ad opera del debuttante Jonathan Asser, si ispira alla sua personale esperienza di educatore presso il carcere britannico di Wandsworth, ed è proprio per questo che la scrittura risulta credibile in ogni momento, riuscendo ad emozionare rimanendo sempre autentica, senza incappare in facili ipocrisie e pietismi. La complessa condizione psicologica dei detenuti e i loro comportamenti che possono apparire incomprensibili visti dall’esterno acquistano, sotto la guida di una regia attenta a non inciampare nella banalità, un significato che va oltre gli stereotipi della classica pellicola sulla vita carceraria.

Il film convince sempre, offrendo un toccante ritratto di un giovane appena entrato nell’età adulta e del suo complesso rapporto con il padre, entrambi vittime della violenza a causa di una personalità turbata che li porta ad essere in eterno conflitto con se stessi e con il mondo intero. Quello che colpisce fin da subito è l’estrema autenticità della storia, si segue con attenzione il percorso rieducativo di Eric, provando per lui qualsiasi tipo di emozione dalla rabbia alla compassione ed entrando fin dentro la sua piccola cella perché, senza quasi rendersene conto, è proprio lì che si viene catapultati. A fianco di questo diciottenne incazzoso si scoprono i meccanismi che regolano la vita da reclusi, non si spia da lontano come un estraneo che osserva un mondo che non gli appartiene, ma si entra in questa realtà sentendosene parte. Starred up è riuscito a coinvolgermi a tal punto che, solo ai titoli di coda, mi sono sentita nuovamente libera.

Voto: 7,5

Cinefabis

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