Titolo originale: Inherent Vice
Regia: Paul Thomas Anderson
Soggetto: Thomas Pynchon
Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Anno: 2014
Durata: 148’
Nazione: USa
Fotografia: Robert Elswit
Montaggio: Melanie Oliver, Leslie Jones
Scenografia: David Crank
Interpreti: Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson, Katherine Waterstone, Reese Whiterspoon, Benicio Del Toro, Jena Malone, Maya Rudolph, Martin Short
TRAMA
In una vivace Los Angeles anni 70, DOC, eccentrico investigatore tossicomane (Joaquin Phoenix), riceve un’inaspettata visita dalla sua ex Shasta che gli chiede aiuto. L’affascinante ragazza vuole evitare che il miliardario con cui intrattiene una relazione, venga fatto internare dalla moglie e dall’amante di quest’ultima. DOC accettando l’incarico sarà catapultato in una surreale realtà che avrà come suoi protagonisti personaggi alquanto strampalati. Esponenti della giustizia americana, guardie del corpo naziste, hippies, prostitute orientali, tossici ecc. ecc insieme in un mash-up originale che sconfina nell’assurdo tragicomico.
RECENSIONE
Prima di interrogarci su qualsiasi cosa assomigli all’arcano messaggio di una sceneggiatura caotica, o di un titolo che in italiano, forse, è un po’ troppo “lost in translation”, dobbiamo fissare nella nostra mente che “Vizio di forma” nasce dal romanzo di Pynchon e cresce nell’adattamento di Paul Thomas Anderson. L’importante quindi è non farsi sopraffare dalla complessità di seguire un plot dove il collegamento tra le scene è praticamente inesistente, ma godere dell’ “art pour l’art”, senza doverne scovare per forza un senso. Ci si trova allora certamente di fronte ad un’ottima fotografia, all’abilità di un cast di primordine, alla pertinenza della colonna sonora, al suono piacevole di nostalgici e coloratissimi telefoni vintage e a divertenti travestimenti avventurosi. Il grottesco ottenuto attraverso lo sguardo, i sandali e la camminata di Joaquin Phoenix, ci suggerisce quanto l’attore con i suoi occhi verdi cosi come in “Her”, ma con più occhiaie di certo, sia in grado di essere il centro dell’instancabile obbiettivo per tutta la durata del film.
Cosi guidati dal voice over dei pensieri strafatti del protagonista, ci si addentra in nebbie fittissime, dove la droga diventa regina indiscussa e l’allucinazione si propone come dimensione legittima ma non assoluta, in un “Paura e delirio a Las Vegas” decisamente moderato.
La trasposizione complicata di una scrittura labirintica come quella di Pynchon diventa problematica quando il tempo del viaggio al limite del visionario si allunga eccessivamente e l’impossibile trama non riesce a travolgere più di una noia che è purtroppo in agguato. “Vizio di forma”, infatti, a mio parere, pur nella sua originalità, si dilunga eccessivamente rischiando che lo spettatore da coinvolto diventi esausto. Questo è uno di quei film a cui non riesci a dare una categoria o un giudizio, una di quelle opere che può solo piacerti o non piacerti: ma in ogni caso non si riuscirà a raccontare una sola scena appena usciti dalla sala.
Voto 6.5
Sabrina Di Stefano