Regia: Marco Ferreri
Sceneggiatura: Liliana Betti, Marco Ferreri, Massimo Bucchi, Paolo Costella
Anno: 1991
Durata: 90’
Produzione: Italia
Fotografia: Ennio Guarnieri
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Scenografia: Sergio Canevari
Costumi: Nicoletta Ercole
Colonna sonora: Kate Bush, Queen
Interpreti: Sergio Castellitto, Francesca Dellera, Petra Reinhardt, Farid Chopel
TRAMA
Paolo, suonatore di pianobar, conosce durante una sua performance Francesca, donna voluttuosa e fascinosa, con la quale si rifugia in una piccola casetta sul mare dove potranno trascorrere intere giornate a mangiare e fare sesso.
RECENSIONE
Il protagonista di questo film è un impiegato comunale con la passione per la musica. Il dubbio sfocia sin dal principio con Ferreri se ben pensate all’utilizzo dei termini utilizzati pocanzi: dove sta la giustezza dell’uomo nel seguire la passione? Potrà sembrare superfluo soffermarsi sul peso della scelta del tempo libero del protagonista/uomo, ma così non pare se si affondano le congetture sull’attività che viene prescelta come passione e quindi motore e movente di emotività che non è comunque risultato di un’opera abile. La vita di Paolo è fondamentalmente una nota stonata che aleggia tuonante nel pessimismo di Ferreri che lo vuole marito fallito e soprattutto padre snaturato che ripudia i figli e predilige invece mantenere i rapporti con il cane, Giovanni.
Durante un’esibizione però accade l’impensabile: il misero e ben poco affascinante uomo conosce Francesca, donna di giunonica ed insieme quasi eterea bellezza, incomprensibilmente attratta da lui. Paolo accompagna la misteriosa dama in una casa di sua proprietà poggiata dolcemente a pochi passi dalle rive della marina di Ardea, fuori Roma, per trascorrere giorni di adolescenziale passione. Le tematiche affrontate da Ferreri in questa pellicola sono tra le più svariate e vengono tutte costrette in soli 90 minuti di proiezione; questa scelta non va sicuramente a favore del pubblico che si trova a dover tenere insieme ogni singolo e ampio concetto, molto spesso solo accennato dal regista, per poi cercare di sciogliere tra sé e sé una matassa argomentativa di esistenza dubbia.
Ancora una volta Ferreri si dimostra spietato nei confronti della società, o meglio del singolo, e non ha alcuna compassione nel ritrarre il soggetto maschile come avvilente, senza spina dorsale e vittima di un romanticismo che sfocia nel grottesco per poi dipingere il ruolo femminile come semplice oggetto, mera materia di cui fruire, un amor cortese solo apparente (contrastato dal finale). Questo femmineo corpo viene dilaniato lentamente e ripetutamente a colpi di battute sconnesse che come sciabole vengono sferzate dalla voce sibilante e insopportabilmente artefatta della Dellera. L’avvenente attrice dalla luminosissima pelle porcellana rende bene l’idea della donna come corpo insieme divino ed erotico, di questo almeno bisogna darle atto, ma la palese volontà di non recitare, determinata dalla probabile quanto chiara ed effettiva mancanza conoscitiva anche del solo termine, non sempre porta ad un effetto naturale e realistico, dando invece molto spazio nell’immaginario ad un essere allucinato e stupefacente. Ferreri personifica Francesca con un particolare animale, la cicogna, che congiunge allo strano desiderio di maternità del personaggio. La protagonista poco tempo prima dell’incontro con lo scellerato pianista, abortisce il figlio di un giovanissimo guru dalle fantomatiche prestanze tantriche. La cicogna, oltre che tenero messaggero di genesi, è anche uno dei pochi uccelli migratori che si nutre di serpi e il serpente è a sua volta simbolo sia per Dioniso che per Siva del Linga, notoriamente e genericamente conosciuto a tutti come fallo. Non è l’unico accenno orientaleggiante nella pellicola, a credito di una potenziale valenza di questa chiave interpretativa.
L’intero corpo del film è strutturato in modo tale che i protagonisti siano effettivamente l’epicentro degli avvenimenti e in professionale solitudine Castellitto non risulta essere all’altezza di un lungo monologo recitativo, trovandosi in un ruolo poco credibile e come per la compagna di cast, un po’ acerbo come espressione della missione di Ferreri. (A meno che non si pensi che le scelte interpretative siano state compiute per aumentare il senso grottesco del film).
Al termine della pellicola il dubbio potrebbe rimanervi ma badate bene a non lasciarvi influenzare dal troppo amore che riponete nell’artefice della finzione. Malgrado queste ‘pecche’ bisogna comunque sottolineare la presenza dei tipici lampi di genio del cinema poco convenzionale di Ferreri. Spicca il tema dell’isolamento utilizzato anche in altri film, come nel più noto La Grande Abbuffata dove qualche anno prima il regista univa i suoi topos ricorsivi, cibo e sesso, che ritroviamo appunto anche ne La Carne. Le riprese del film terminano su una spiaggia che si presta a cornice in grado di esaltare l’immagine centrale del mare nel momento successivo all’unione eterna tra Paolo e l’oggetto anelato e idolatrato, espressione della manifestazione di Dio, avvenuta attraverso un atto cannibalesco. Nella celata follia del protagonista vi è compiutezza e sensatezza portata avanti logicamente ed espressione di un’accennata e sempre lucida polemica sul rito dell’eucaristia cristiana. Ferreri propone un finale simile anche per I Love You, dove Christopher Lambert non trova al contrario realizzazione come essere umano e permane invece un senso di vacuità, di manchevolezza, di povertà esistenziale. In un altro capolavoro, Dilinger è morto, troviamo il mare come ultima istanza, molto più minaccioso dei precedenti che come elemento naturale pressante e soffocante non lascia pensare ad un futuro roseo per il genere umano che percorre la sua predestinazione.
In sintesi, Paolo & Francesca, malgrado la citazione poetica, non vengono promossi e con la stessa crudeltà rinvio Ferreri nel girone dei lussuriosi, perché in ben altri film ci ha accompagnati come nostra Beatrice dantesca alla rosa del paradiso.
Voto: 5
Jessica Egitto
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