Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Gabriele Salvatores, Stefano Rulli, Sandro Petraglia
Anno: 2013
Durata: 110′
Produzione: Italia
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Massimo Fiocchi
Scenografia: Rita Rabassini
Costumi: Patrizia Chericoni
Colonna sonora: Mauro Pagani
Interpreti: John Malkovich, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius
TRAMA
La vita del giovane Kolima cresciuto insieme al fratello Gagarin in un paesino della Transinistria, in un mondo dominato dalla violenza, dalla droga e dal disgregarsi di ogni valore.
RECENSIONE
Tra i vari clan di Fiume Rosso – quartiere di una regione della Russia sud-occidentale e composto in largaparte da criminali – quello dei siberiani risulta essere il più temuto. Kolima (Arnas Federavicius) e Gagarin(Vilius Tumalavicius) sono due bambini del clan che vengono indirizzati fin da piccoli da nonno Kuzja (John Malkovich) – capo del gruppo – alla vita criminale, seppur attraverso il rispetto di un rigido codice d’onore che prevede la protezione dei deboli e la lotta alla polizia e alle istituzioni. Questa è l'”educazione” siberiana, un dogma controverso e pieno di simbolismi, dove i tatuaggi non sono meri disegni ma diventano una sorta di specchio dell’anima, in cui si rifiuta l’uso di droga e si aborra il denaro – anche quello rubato – considerato sporcizia a tal punto da vietarlo tra le mura domestiche.
La storia, per chi non avesse letto il romanzo di Nicolai Lilin dal quale il film è tratto, sembra essere all’inizio una rivisitazione di “C’era una volta in America” di Sergio Leone o quantomeno un mafia movie in piena regola, solo in chiave sovietica. Non mancano infatti il quartiere malavitoso, l’addestramento dei due bambini all’uso delle armi e i furti che la giovane gang compie beffandosi delle autorità. Il film invece, finisce per essere un ritratto intimista di Kolima e Gagarin narrato nell’arco di dieci anni, che affronta il passaggio dall’infanzia a l’età adulta dei due protagonisti. Un passaggio che vede il crollo del muro di Berlino e l’arrivo del capitalismo, che porterà i due amici a crescere con prospettive diverse e a scontrarsi sul tema della tradizione e della fede al credo del clan.
In questo lungometraggio Salvatores decide di buttarsi nel gelo della Siberia con un’opera che per certi versi si distacca da quelle precedenti tanto per l’ambientazione quanto per la trama, nonostante sullo sfondo rimangano i temi della fuga e della libertà tanto cari al regista. Il film è piacevole e scorre senza annoiare lo spettatore, con alcune scene intense che hanno quasi sempre per protagonista un bravissimo John Malkovich, capace di incarnare alla perfezione il ruolo di leader carismatico del clan. La fotografia di Italo Petriccione è ottima, e viene esaltata in particolar modo nelle sequenze in cui Kolima finisce in carcere e inizia a fare tatuaggi.
Il punto debole del film è la sceneggiatura, che in alcuni passaggi chiave risulta essere un pò fiacca, soprattutto nell’approfondire alcune dinamiche della storia che rischiano di diventare poco chiare, in particolar modo per chi non ha letto il romanzo di Lilin. Anche il finale è un pò frettoloso e, nonostante i 110 minuti di film, un quarto d’ora in più avrebbe reso maggior giustizia all’epilogo e non avrebbe intaccato gli equilibri della pellicola.
Il film di Salvatores è in conclusione un buon lavoro, forse non il suo migliore ma sicuramente da vedere. “Educazione Siberiana”, sebbene riesca a suscitare interesse per la cultura del clan dei protagonisti e verso una terra che sembra dimenticata dal mondo, non riesce a imporsi del tutto come un grande film, dando la sensazione di essere per certi versi incompleto, come se non riuscisse mai a sprigionare quella forza e quella personalità che hanno invece caratterizzato alcune precedenti opere del regista napoletano.
Voto: 6.5
Carlo Tambellini