SIDEWAYS

Regia: Alexander Payne

Soggetto: Rex Pickett

Sceneggiatura: Alexander Payne, Jim Taylor

Anno: 2004

Durata: 123’

Produzione: USA/Ungheria

Fotografia: Phedon Papamichael

Montaggio: Kevin Tent

Scenografia: Jane Ann Stewart

Costumi: Wendy Chuck

Colonna sonora: Rolfe Kent

Interpreti: Paul Giametti, Thomas Haden Church, Sandra Oh, Virginia Madsen

TRAMA

Miles, scrittore fallito e sconvolto dal divorzio con la moglie, e Jack, attore da soap opera dubbioso per l’imminente matrimonio, intraprendono un viaggio di una settimana lungo le strade del vino della California.

 RECENSIONI

 Nella profondità delle cantine, il vino non dimentica mai di ripercorrere questo moto del sole nelle ‘case’ del cielo. È proprio segnando il tempo delle stagioni in questo modo che esso acquista la più sorprendente delle arti: quella di invecchiare.

Gaston Bachelard

Abbandonando Apollo e le facili tentazioni nietzscheane si scopre che Dioniso-Bacco è un simbolo sufficiente ad esprimere la dicotomia della vita. Jack e Miles sono diversi e complementari come un vino fermo e uno frizzante, ma sono entrambi spaventati da fantasmi del passato (il divorzio, l’ex moglie) o del futuro (un matrimonio incombente), entrambi incastrati nel presente, coi suoi desideri e le sue speranze. Di fronte a un punto di non ritorno della propria vita – come per il Jack Nicholson di About Schmidt – i due amici si rifugiano nel sogno picaresco per eccellenza, una maldestra fuga on the road scandita dai due primordiali riti del piacere sensoriale, il sesso e il vino.

Sideways

Sideways è una narrazione di viaggio atipica, perché, nella duplice accezione del titolo, imbocca una “strada secondaria” e offre una visione “di sbieco”. È un film sul viaggio che non possiede il guizzo dell’acqua, né la libertà dell’aria, né lo scintillio del fuoco che divampa, ma il riposo e l’energia della terra. In questo racconto senza troppe pretese non troverete Chatwin né Cervantes né Kerouac, ma il retrogusto un po’ amaro della quotidianità, con le sue aspettative e le sue disillusioni. L’immagine del vino, con le sue molte anime e le sue sfumature, antico specchio dell’animo umano, è l’origine circolare del film, il punto di partenza e quello di arrivo. Ma il dispositivo filmico di Payne è talmente fedele alla sua metafora da trovare, grazie a una sceneggiatura ben misurata, il ritmo e il respiro adatti alla sua natura terrestre. L’uomo, indagando sul fondo di un bicchiere la storia, la geografia e – è la stessa cosa – l’astrologia del vino, può riscoprire con esso un’origine e un destino comuni. Perché, come scriveva il grande filosofo della Borgogna, Gaston Bachelard, “il vino è davvero un universale che riesce a farsi singolare se solo trova un filosofo che sappia berlo”.

 Voto: 7

Patrick Martinotta

LA BOTTEGA DEI SUICIDI

Regia: Patrice Leconte

Soggetto: Jean Teulè

Sceneggiatura: Patrice Leconte

Titolo originale: Le Magasin des Suicides

Anno: 2012

Durata: 85’

Produzione: Francia, Canada, Belgio

Montaggio: Rodolphe Ploquin

Colonna sonora: Etienne Perruchon

TRAMA

La Famiglia Tuvache gestisce da generazioni una piccola bottega dove si può trovare tutto il necessario per ogni tipo di suicidio. Il clima cambierà con la nascita del loro terzogenito: Alain.

RECENSIONI

Ho visto il film a scatola chiusa, leggendo solo le due righe della trama avendo una prima aspettativa molto Disneyana: un cartoon buonista che voglia dare in maniera semi-originale una prospettiva per forza positiva.

La bottega

Mi sono solo in parte ricreduto e divido la mia opinione in tre punti:

–          L’incipit e le scene iniziali sono promettenti, perché passano il messaggio del suicidio come una pratica regolamentata dalla legge (emblematica la scena iniziale nel quale un passante salva un aspirante suicida perché “proibito in pubblico”) stravolgendo la mia idea buonista e collocando la scena subito in un verosimile presente nel quale la crisi economica ma anche di valori la fa da padrona.

–          Lo svolgimento è particolare, non schiaccia l’acceleratore sul “cambieremo tutto il mondo” ma rimane ancorato al contesto e mostra la difficoltà con cui un cambiamento possa essere operato. Molto vero anche l’approccio al mondo degli adolescenti, impegnati a sviluppare una propria identità, anche di tipo sessuale.

–          Il finale si stacca decisamente dalle prime due parti. Tenta di rimanere originale ma mostra una visione che molto si adegua alla mia aspettativa da “pacca sulla spalla”.

E’ un movie comunque da tenere in considerazione: i disegni sono molto curati e i personaggi con uno stile “nightmare before christmas”, dunque l’occhio ottiene la sua parte.

Nota finale: ci sono alcune parti cantate. Nonostante la mia pura avversione per il genere musical e la mia poca sopportazione di questo stile, la mia soglia di tolleranza non è stata superata.

Voto: 6-

Daniele Somenzi di RupertMente