NON SI SEVIZIA UN PAPERINO

Regia: Lucio Fulci

Soggetto: Lucio Fulci, Roberto Gianviti

Sceneggiatura: Lucio Fulci, Roberto Gianviti, Gianfranco Clerici

Anno: 1972

Durata: 102′

Produzione: Italia

Fotografia: Sergio D’Offizi

Montaggio: Ornella Micheli

Scenografia: Pier Luigi Basile

Costumi: Marisa Crimi

Colonna sonora: Riz Ortolani

Interpreti: Tomas Milian, Barbara Bouchet, Florinda Bolkan, Irene Papas, Marc Porel, Ugo D’Alessio, George Wilson

TRAMA

Un giornalista indaga su una serie di delitti di bambini in un paese del Sud Italia, fra la superstizione e la diffidenza degli abitanti.

RECENSIONI

paperino 3

Fulci amava definirsi un “terrorista dei generi”, che assume non come statici contenitori, ma in quanto strumenti espressivi da scardinare per sfruttarne sino in fondo le potenzialità linguistiche. In Non si sevizia un paperino si raggiunge la massima fluidità di ibridazione, volta a generare una sovrapposizione fra i diversi filtri e ritmi narrativi. Ogni elemento – compresa la nota peculiarità dell’ambientazione diurna e provinciale – non va considerato autonomamente, ma dev’essere inquadrato all’interno di una logica tragica, tesa a valorizzare i contrasti insanabili che attraversano in senso dialettico l’intera narrazione: vita/morte, eros/thanatos, ragione/follia-magia, diurno/notturno, esterno/interno, campagna/città, sud/nord, sacro/profano, violenza/gioco, sessualità/repressione, colpevole/vittima, ecc.

paperino 1

La prima inquadratura già propone il contrasto fra realtà provinciale (boschi, campagna) e quella moderna (cavalcavia, autostrada), finché il canto ancestrale, di sottofondo, viene bruscamente interrotto da una musica inquietante: delle mani scavano con disperazione nella terra, quasi a cercare una verità scomoda e sommersa. Il successivo spostamento d’ambientazione, dalla campagna al centro abitato, dagli esterni (abbaglianti) agli interni (oscuri), precipita lo spettatore nelle oppressioni e chiusure mentali della realtà paesana.

paperino 2

Ai primi omicidi le angosce della gente si riverseranno contro gli estranei, gli alieni: lo scemo vittima della sua semplicità, la “maciara” colpevole d’incesto, la bella Barbara tanto minacciosa nelle sue curve provocanti quanto nella sua eccentricità cittadina, assumono, di volta in volta, il ruolo di capri espiatori. Non c’è un protagonista, ma una serie di personaggi che di volta in volta emergono per recitare il proprio ruolo e poi tornare sullo sfondo. In questo senso merita un discorso a parte la polizia, le cui accurate ricerche subiscono uno scacco (non è un caso che a svelare il mistero sia il giornalista, ossia un personaggio esterno alla realtà paesana); insieme alle forze dell’ordine Fulci si diverte a disorientare lo spettatore, più volte, prima di un finale che collega le tessere del puzzle ma impedisce ogni redenzione: il giallo si risolve, ma la tragedia rimane. La conclusione non tenta solo la sorpresa, ma la beffa. Una volta che le mani hanno finito di scavare la terra, ciò che rimane è una rappresentazione spietata dell’umano e dell’Italia, perfettamente racchiusa in una semplice osservazione del maresciallo: “Ecco qua… abbiamo costruito le autostrade e non siamo riusciti a vincere l’ignoranza e la superstizione”.

Voto: 8

Patrick Martinotta

IL DESTINO

Titolo originale: Al- massir

Regia: Youssef Chahine

Sceneggiatura: Youssef Chahine, Khaled Youssef

Anno: 1997

Durata: 135’

Produzione: Francia, Egitto

Fotografia: Mohsen Nasr

Montaggio: Rashida Abdel Salam

Scenografia: Hamed Hemdan

Costumi: Evelyne Byot, Mohsen Fahmi

Colonna sonora: Yehia El Mougy, Kamal El Tawil

Interpreti: Nour El-Sherif, Laila Eloui, Mahmoud Hémeida, Safia el-Emary, Khaled El Nabawy

TRAMA

A Cordova, nella Spagna musulmana del XII secolo, il califfo Al Mansour ordina che vengano dati alle fiamme tutti gli scritti del filosofo Muhammad ibn Rushd, noto come Averroè.

RECENSIONI

Il destino 2

Non c’è protagonista in questa narrazione circolare, dove diversi personaggi emergono, raccontando la propria storia (il proprio destino), per poi tornare sullo sfondo. La figura di Averroè non rappresenta il centro della narrazione ma il filo che ne dipana la trama. In La ricerca di Averroè Borges scriveva: “poche cose registrerà la storia più belle e patetiche di questo consacrarsi di un medico arabo ai pensieri di un uomo dal quale lo separavano quattordici secoli”. Averroè – che scrisse La distruzione della distruzione e tradusse le opere di Aristotele salvandole dall’oscurità – diventa allora il simbolo di un intreccio di storie nelle quali il tema dominante è il fuoco, la distruzione, l’oblio.

Il destino 3

Per il nostro occhio di occidentali, così assetati e ignoranti di Oriente da leggerlo sempre attraverso lo stesso filtro de Le mille e una notte, Chahine non esprime altro che una nuova versione del mito di Sharazad, che continua a raccontare, all’infinito, le proprie storie, lottando contro il nostro destino di morte e d’oblio.

Il destino

Si tratta di un film di grande vitalità: Averroè e il suo popolo forse non conoscevano la nozione di “commedia”, ma amavano la danza.

Voto: 7

Patrick Martinotta